“Io, senza giacca e cravatta” di Nino D’Angelo in scena la teatro Cilea. Le ultime note cantate con la voce rotta dal pianto, la standing ovation finale e l’abbraccio fraterno, sul palco, tra Nino D’Angelo e Biagio Izzo (direttore artistico del teatro), resteranno a lungo negli occhi e nel cuore di chi ha assistito alla prima nazionale dello spettacolo “Io, senza giacca e cravatta”. In scena al Teatro Cilea di Napoli, fino al 28 febbraio, il nuovo spettacolo scritto – diretto ed interpretato da Nino D’Angelo – ha riscosso consensi ed elogi di pubblico e critica. Non sono mancate lacrime di commozione, emozioni e brividi, che ad ogni pezzo, percorrevano la schiena.
“Io, senza giacca e cravatta”, prodotto dal Teatro Cilea, in collaborazione con Pragma, è una celebrazione di ricordi; di quelli, volutamente, ripercorsi dal protagonista – dalla sua infanzia alla scalata al successo – a quelli che, immancabilmente, riaffiorano alla mente del pubblico. Impossibile, infatti, restare indifferenti ai brani di Nino D’Angelo e a quelli di altri grandi poeti come Sergio Bruni, Pino Daniele, Giovanni Capurro e Raffaele Viviani che l’artista partenopeo omaggia.
Lo spettacolo racconta la vita del protagonista nel suo quartiere d’origine, San Pietro a Patierno, in un tempo che spazia dagli anni ‘60 ai nostri giorni. Di una realtà che tocca i ricordi, quelli nostalgici, ma anche quelli divertenti che hanno accompagnato un ragazzo verso la ricerca dei propri sogni. Un quartiere dove potevi fare il cantante o lo “scarparo” (il quartiere era importante per la produzione di scarpe).
Il Nino D’Angelo di allora era solo un ragazzino che ha avuto la forza di non mollare e ce l’ha fatta! Sa bene che la sua passione lo ha premiato. E’ pienamente consapevole di essere diventato un artista. Lo confermano la sua padronanza in scena, le sue canzoni ed il pubblico che spesso gli chiede il bis. Questa vittoria, Nino D’Angelo la grida attraverso una voce rotta dal pianto e dai ricordi mai assopiti. Perché la cosa che emerge di più da questo spettacolo, è l’umiltà che è rimasta dentro questo artista!
Narrare la storia di quei vicoli, catapulta il pubblico, in quella che è stata l’infanzia dell’allora caschetto biondo. Durante le pause tra un brano e l’altro, il cantante racconterà molti aneddoti personali: dal rapporto con il nonno che era il suo primo “spettatore” al padre che, in quegli anni difficili, faceva di tutto per soddisfare le esigenze familiari. Dalle amicizie del cortile, al primo amore.
Un concerto non solo sentimentale, ma anche sociale. Si inizia con O schiavo e ‘o Rre, testo di denuncia attualissimo, seguiranno brani come Brava Gente, A storia e Nisciuno, ma anche testi d’amore come Mente cuore, Chesta sera, oltre agli omaggi alla sceneggiata, Lacrime Napulitane, Rumba de ‘e scugnizzi, Carmela , Senza giacca e cravatta, O pate, e tanti altri brani.
Commovente l’elogio alla storia culturale di Napoli, con gigantografie sullo sfondo dei volti di Viviani, Troisi, Totò, Benedetto Croce, Matilde Serao, Giancarlo Siani e tutti i “grandi” della città del sole. Napule è, di Pino Daniele, sarà l’ultimo gradino di questa scala dei ricordi.
E se ci fossero degli oscar teatrali, questo spettacolo avrebbe avuto nomination in ogni settore. Perfetta la sintonia in scena. Ottimo il cast di musicisti composto da Vittorio Cataldi, Massimo Gargiulo, Agostino Mennella, Francesco Ponzo. Dagli attori/cantanti Antoine, Milly Ascolese, Salvatore Benitozzi, Mario Ciervo, Mena Casoria, Angelo Laurino, Consiglia Loren, Fabiana Martone, Rossella De Blasi, Michele Paolella, messi pienamente in luce da Nino D’Angelo, presente in scena con loro, senza prevaricazione alcuna. Bellissime e realistiche le scene di Tiziano Fario. Costumi di Francesca Romana Scudiero. Perfetto il disegno luci di Massimo Tomasino. Coreografie, Enzo Castaldo.
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