Il desiderio di raccontare la violenza vissuta da una donna durante la seconda guerra mondiale, porta il cantautore toscano Marco Cantini a comporre “L’orrore”, singolo che anticipa il nuovo disco, i cui brani sono ispirati al romanzo di Elsa Morante “La Storia”. L’inedito di Cantini vede l’intervento del violinista Francesco Moneti (Modena CITY Ramblers e La Casa del Vento) e la partecipazione dell’attrice Valentina Reggio. “L’orrore” rivive il dramma della protagonista, Ida Ramundo, violentata sull’uscio di casa da un militare tedesco di passaggio a Roma. Dopo il precedente lavoro discografico “Siamo noi quelli che aspettavamo”, sulla vita e le opere di Andrea Pazienza, Cantini – colpito dall’atroce crudeltà narrata dalla Morante ne “La Storia” – traduce in musica un capolavoro della letteratura.
“L’orrore” canta la tragedia di Ida Ramundo, protagonista de “La storia” di Elsa Morante. Da lettore quali emozioni hai provato?
«In realtà il dramma, nel romanzo della Morante, non si focalizza sul singolo episodio. “La Storia” è un flusso di dolore continuo, e da lettori non si può fare a meno di percepirlo, consapevoli già dalle prime pagine che ogni vita sarà segnata da un destino infausto. Ma è un dolore che vive già nella voce della Morante che racconta, che come affermò la Ginzburg è una voce consapevole che in fondo le guerre non avranno mai fine, che ci saranno sempre ebrei – o altri per loro – da deportare e sterminare».
Il figlio Giuseppe nato dalla violenza subita restituisce a Ida il sorriso. L’amore di ogni madre è il motore che permette di non arrendersi di fronte alle sofferenze della vita. E oggi migliaia di donne sono vittime di ogni forma di violenza…
«Oggi come allora, purtroppo. Nell’episodio in sé Gunther rappresenta quel potere capace di annientare il più debole, verso quella “sola ed unica colpa di essere nati” che Ida porta da sempre dentro di lei. Ma in realtà per Elsa Morante anche Gunther è una vittima, anche lui abbassa la testa nei confronti di una Storia di cui sa poco o nulla; di un Potere che decide per lui e lo rende immediatamente cadavere nell’ingranaggio bellico che non fa sconti».
Il suono del violino di Francesco Moneti accompagna i ricordi di Ida ed enfatizza il dolore di una ferita che non si cicatrizza. La musica ha il potere di suscitare sensazioni forti, per questo la scelta degli strumenti è essenziale. Cosa ne pensi?
«Indubbiamente. Ho scritto quel tema strumentale cercando di evidenziare il più possibile il dramma dell’episodio, l’angoscia passiva di una persona contrapposta alla violenza che nel romanzo appare atrocemente naturale e inevitabile per chi la compie. E ho ritenuto che il suono del violino di Francesco fosse lo strumento ideale per interpretarne la drammaticità».
Il romanzo della Morante ti ha ispirato nella scrittura degli altri brani che saranno inseriti nell’album. Puoi darci qualche anticipazione sui testi e la musica?
«Le canzoni seguiranno cronologicamente e piuttosto fedelmente il romanzo, dall’inizio alla fine. Naturalmente ho privilegiato gli episodi e i personaggi che ho ritenuto più emblematici e significativi. Come ad esempio Davide Segre, giovane rivoluzionario anarchico che incontrerà Ida nel ricovero di Pietralata. Musicalmente sarà probabilmente più elettrico rispetto a “Siamo noi quelli che aspettavamo”, ma non rinuncerò a certi colori a mio parere determinanti e fondamentali nel disco precedente, come ad esempio lo splendido sax di Claudio Giovagnoli. Ti anticipo che gran parte dell’album verrà registrato in diretta all’interno di uno studio, come se fosse un vero e proprio live. Questo per cercare di dare qualcosa in più in termini di emozione, grazie alla maestria e all’empatia dei bravissimi musicisti sui quali posso contare».
Le musiche dei grandi cantautori italiani hanno guidato la tua formazione musicale. C’è un artista che ti ha influenzato particolarmente?
«Non uno in particolare, ma diversi. Ne cito almeno quattro: Francesco Guccini, Claudio Lolli, Fabrizio De Andrè e Francesco De Gregori».